Perché hai deciso di candidarti alle elezioni dei Comites?
Perché ha senso che la comunità italiana – oltre a votare per le elezioni comunali inglesi – abbia un luogo di rappresentanza locale in quanto italiani, dove portare istanze specifiche che riguardano i nostri diritti e doveri di cittadini italiani all’estero. E se questo organo di rappresentanza non funziona (come i precedenti COMITES di cui nessuno sapeva niente fino alle elezioni) è necessario mettersi in gioco ed accogliere la sfida di far funzionare.
I Comites sono da sempre considerati come organi di rappresentanza della comunità tradizionale. Come credi che possa cambiare il loro funzionamento sotto la guida di Moving Forward?
Noi non abbiamo interessi precostituiti, prassi o poteri da conservare o difendere. Siamo curiosi e anche un po’ ingenui. Vogliamo sopratutto capire chi sono e di cosa hanno bisogno le migliaia di nuovi italiani in Gran Bretagna ma anche come la vecchia immigrazione possa aiutare a farli integrare. Possiamo lavorare come tramite perché siamo in contatto e possiamo parlare con tutti i gruppi. Cambieremo i comites facendo precedere ogni azione e decisione da consultazioni con la comunità e rendendo pubblica e trasparente ogni intervento preso o sollecitato dai COMITES.
Su quali temi si sta concentrando la campagna di Moving Forward?
Spingere il consolato a monitorare caratteristiche e bisogni dell’immigrazione italiana ad oggi in Gran Bretagna e creare un piano di servizi adeguati a questi bisogni, inclusi chiedere che vengano stanziati fondi adeguati dal governo italiano.
Fare comunità: promuovere iniziative culturali e dibattiti. Queste situazioni aggregative cercano di riunire le varie anime degli italiani in GB (artisti, ricercatori, gruppi regionali) mettendoli a confronto con a comunità britannica con l’obiettivo di promuovere un nuovo senso e sentimento dell’essere europei
Cosa spinge un Italiano all’estero ad impegnarsi politicamente per l’Italia?
Constatare quanto valore e apporto in termini di lavoro, cultura, coesione sociale, ricchezza noi italiani portiamo all’estero anche grazie a diverse condizioni che sono offerte qui (di diritti, di lavoro ecc), e quindi voler offrire indietro al proprio paese le conoscenze e le esperienze maturate nel paese che li ospita affinché la stessa valorizzazione delle persone avvenga anche in Italia.
Come credi che il tuo background possa influire positivamente nei Comites?
Da sempre il mio modo di fare politica è molto ‘sindacale’, ovvero incentrato sugli aspetti concreti e sulle difficoltà di un comunità nel suo quotidiano (sul luogo di lavoro o in un luogo geografico fa poca differenza) e su come risolverne i problemi, mettendo insieme interessi diversi per trovare soluzioni praticabili. Questo sarà fondamentale per far tenere unite nei comites tutte le anime dell’immigrazione e offrire soluzioni concrete al consolato.
Come vedi i Comites tra 5 anni?
Presenti, conosciuti, con una buona pagina web e uno sportello informativo, snelli ma efficienti, lo strumento di stimolo e critica per avere un consolato funzionale e moderno. E poi promotori di poche iniziative di qualità che offrano alla società inglese la migliore rappresentazione di come gli Italiani contribuiscono a renderla migliore (ad esempio un grande ‘festival’ tematico all’anno)
Se un giorno i Comites fossero eliminati invece?
Se un giorno fossero eliminati dovremo inventarci qualcos’altro. I COMITES possono apparire ridondanti nel numero e nelle modalità elettive, ma la necessità di un luogo ufficiale e democraticamente eletto di interfaccia tra i cittadini italiani e il consolato rimane. Sopratutto dati i numeri dell’immigrazione. Non si tratta di dare voce a qualche migliaio di persone, si tratta di darla a mezzo milione di persone solo a Londra!